La scorsa estate ci ha lasciato Giancarlo Galluzzi. La famiglia in ricordo di Giancarlo ha deciso di lasciare i suoi libri e le sue carte alla Biblioteca F. Serantini. Siamo grati al figlio Pietro e a Elena Volterrani per questa nuova donazione - libri, opuscoli e giornali di ambito storico/politico - che arricchisce il nostro patrimonio documentario. Giancarlo, persona discreta e generosa, è stato un amico della biblioteca che ha aiutato in più di un'occasione. Le note biografie di Giancarlo e di suo padre Vittorio che seguono sono state redatte da Elena.
Giancarlo era nato a Pisa il 13 giugno 1935 da Vittorio e Olinta Vaglini, terzo di tre fratelli: Lorenzo (Renzo) il maggiore, è stato restauratore archeologico all’Università di Pisa; Luciano, pittore, ha insegnato disegno e storia dell’arte. A differenza del padre avvocato, che ha ricoperto cariche pubbliche importanti, i tre fratelli sono state persone dal carattere riservato dovuto, molto probabilmente, all’educazione materna. La madre, nata da ricca famiglia di proprietari terrieri, a dispetto della sua estrazione sociale, non amava la vita mondana.
Giancarlo, dopo la maturità classica, studia Giurisprudenza all’Università di Pisa e pratica lo studio del padre, ma giunto alla fine degli studi, decide di non voler fare l’avvocato e non si laureerà.
Lavorerà come bibliotecario alla Provincia di Pisa fino all’età della pensione. I libri e la lettura sono stati la grande passione che ha coltivato fino alla fine della sua vita attiva.
Nel ‘68 partecipa alle lotte studentesche, milita in Potere operaio e, al suo scioglimento, nel Centro Karl Marx. Simpatizzante del PCI e di Rifondazione comunista si è sempre tenuto fuori dall’attivismo politico.
È ricordato da tutti come uomo generoso, sensibile, riservato e, con la benevola ironia che lo caratterizzava, è stato amato da tutti quelli che lo hanno conosciuto.
Vittorio era nato a Brozzi (Firenze) il 14 gennaio 1901 ed è morto a Pisa nel 1971 all’età di 69 anni.
A 21 anni si era laureato in giurisprudenza all’Università di Pisa e subito dopo la laurea ha iniziato l’attività in uno studio pisano.
È stato antifascista senza prendere parte alla vita politica fino al 1940, quando entrò a far parte del movimento clandestino di Giustizia e Libertà (Partito d’Azione) nel quale militò fino al 1947 contribuendo alla formazione nel territorio pisano.
Con lo scioglimento del Partito d’Azione, insieme a molti compagni azionisti, aderì al Partito Socialista dove è sempre rimasto.
Da allora ha ricoperto numerose cariche elettive tra le quali si ricordano: 1944-45 Vicesindaco di Pisa nella giunta, guidata da Italo Bargagna, nominata dal C.L.N.; Sindaco di Pisa dal 1956 al 1958 e nel 1961; deputato alla Camera dei deputati nel 1963; presidente degli Spedali Riuniti Santa Chiara e Presidente dell’Associazione degli Ospedali Toscani; presidente dell’Ente Provinciale per il Turismo (E.P.T.);
Per quanto riguarda la sua attività professionale è stato impegnato in processi significativi per la vita politica di quegli anni; dai processi a carico di partigiani impegnati nella Resistenza a quelli relativi alle lotte studentesche del ’68.
Uno dei più importanti di questi, in cui emergono aspetti che mettono in luce l’etica professionale di molti avvocati di quegli anni, è il processo ai partigiani Sante Danesin, Giordano Giaconi, Roberto Pannocchia e altri partigiani imputati di omicidio, svoltosi a Firenze nel 1954. Il collegio di difesa dei partigiani era composto da nomi noti nel campo della avvocatura italiana, oltre a Vittorio Galluzzi, ci sono Lelio Basso, Amato Mati, Giovanni Sorbi, Pasquale Filastò, Carlo Smuraglia. È indicativo ricordare a questo proposito quanto è scritto al termine della premessa nella memoria difensiva:
“Affideremo allo scritto i fatti, soltanto i fatti, perché da essi scaturisca la fondatezza delle nostre tesi, la certezza del nostro diritto; resterà poi alla parola, in udienza, dare un’anima a quei fatti, a quegli uomini: e poiché, parlando, sarà in noi il ricordo dei nostri morti, il ricordo di coloro che rimasero lungo il cammino - e pur ci precedono ancora - sarà in quelle parole l’anima degli Italiani di allora, l’anima della Resistenza Italiana.”
E nelle conclusioni della memoria si legge ancora:
“È il quadro di un’umanità tormentata, di un periodo doloroso della vita nazionale, ma non per questo meno importante, perché dalla tragedia, dalla guerra, dai dolori, sono nati i primi fermenti della nuova Italia democratica. Coloro che hanno contribuito con la loro azione e con la loro lotta, alla liberazione del nostro Paese, hanno diritto di essere giudicati con riferimento al momento storico ed alla situazione nazionale in cui operarono: così li giudicò la Corte di Assise di Pisa, così ci attendiamo che li giudichi la Corte d’Appello di Firenze. Non delinquenti comuni ma cittadini che dal loro lavoro, dalle scuole, dalle loro fabbriche, dai loro campi furono trascinati in un conflitto che tutto travolgeva, e conservarono o fecero proprio l’ideale di un’Italia migliore, libera e democratica; uomini che combatterono con le loro forze, con la loro capacità, con i loro errori, ma sempre rispondendo all’imperativo categorico di liberare il nostro Paese dall’invasore.”
A questa categoria di avvocati apparteneva Vittorio Galluzzi.
a cura di Elena Volterrani