Fracesca Gori, in un articolo pubblicato sul portale di storia contemporanea Toscana Novecento, ricostruisce le tappe della vicenda giudiziaria trentennale che segui l’assassinio di Comasco Comaschi. Riportiamo la parte iniziale dell’articolo:
Il 19 marzo 1922 Comasco Comaschi, anarchico cascinese e maestro ebanista, viene fermato sul Fosso Vecchio mentre è in calesse di ritorno insieme a tre compagni da una riunione a Marciana e viene ucciso con armi da fuoco in un agguato fascista.
Comasco Comaschi era nato a Cascina il 27 ottobre 1895 da Ippolito e Virginia Bacciardi. Comasco nella sua formazione politico-sociale è influenzato dal contesto cittadino, dove l’economia si basa sulla presenza di piccoli artigiani del legno e l’associazionismo operaio si è rivelato vivace e attivo sin dall’Unità d’Italia, e dal padre, che milita nel movimento anarchico fin dagli anni ottanta dell’800. Comaschi è dunque tra i promotori della locale sezione della Pubblica Assistenza e stimato insegnante alla Scuola d’arte di Cascina. Sotto la sua guida il gruppo anarchico di Cascina è molto attivo e organizza anche un gruppo di Arditi del popolo.
L’assassinio di Comaschi è l’ultimo di una lunga serie di uccisioni politiche perpetrate dai fascisti locali, come quella del comunista Enrico Ciampi, o del giovane Archimede Bartoli, o ancora dei socialisti Paris Profeti e Corrado Bellucci.
La vicenda giudiziaria si apre all’indomani dell’uccisione di Comasco Comaschi, quando vengono immediatamente fermati i presunti responsabili dell’assassinio, ma si chiuderà definitivamente solo nel 1951.